INTERVISTA IMPOSSIBILE A ... Jigme Khesar Namgyel Wangchuck
Tashichoedzong è un monastero buddhista nella periferia nord di Thimphu in Bhutan, sulla sponda occidentale del Raidāk. Dal 1907 è la casa del re del Bhutan.
In questo luogo magico incontro Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, il quinto Re Drago del Bhutan.
Nato nel 1980, ha studiato negli Stati Uniti d'America e a Oxford.
Il 9 dicembre 2006, dopo l'abdicazione del padre, è stato nominato nuovo Re Drago del Bhutan. L'incoronazione ufficiale è avvenuta il 6 novembre 2008.
Il Bhutan, letteralmente “alte terre”, è dal 2007 una monarchia costituzionale e grazie alle aperture al turismo e allo sfruttamento minerario sta godendo di un piccolo boom economico.
Il Bhutan adotta come indicatore per calcolare il benessere della popolazione il FIL (in inglese Gross National Happiness). Nonostante questo paese sia uno dei più poveri dell'Asia, con un PIL pro capite di 2088 dollari nel 2010, tuttavia è anche la nazione più felice del continente e l'ottava del mondo.
In base a quali criteri si calcola il FIL?
I criteri presi in considerazione sono quattro, i cosiddetti quattro pilastri: la qualità dell'aria, la salute dei cittadini, l'istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali.
Ogni stato deve prendere in considerazione il suo PIL, ma deve anche mirare al benessere dei cittadini, quindi deve attuare, se non in modo così prevalente, l'indicatore di felicità interna lorda.
Il Dalai Lama ha dichiarato: «Come buddhista, sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità. Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali. Penso ad una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza. Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità. Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità».
Sua Altezza Reale, è vero che il suo regno rappresenta una svolta nella storia del Bhutan?
Sì, il mio regno rappresenta una svolta perché ho indetto nel 2008 le prime libere elezioni e ho dato inizio a un lungo percorso di modernizzazione verso la democrazia. Inoltre, perseguendo il programma del FIL, mi sono impegnato a migliorare l'istruzione, la protezione dell'ecosistema e sviluppare le comunità locali.
Com’è nata l’idea del FIL?
Quando sono salito al trono, mi chiesi che cosa la mia gente volesse da me e quali fossero i migliori modelli economici da adottare per soddisfare le aspettative di ciascuno. Presto mi resi conto che tutti questi modelli erano guidati da un unico indicatore, il Pil, che promuove la crescita economica materiale, trascurando le esigenze e i bisogni della gente, cioè la sua felicità. Quindi mi convinsi che questi modelli non erano adeguati.
Il Pil è nato attorno al 1934, dopo la grande crisi economica del '29; esso non doveva essere utilizzato come indice del progresso umano complessivamente inteso, ma così è stato. Il risultato è il caos che abbiamo sotto i nostri occhi. Il Pil promuove la crescita economica continua e senza limiti. Questo è un processo insostenibile in una realtà in cui le risorse sono invece finite, a partire dalle risorse ambientali, necessarie ai fini della produzione dei beni di consumo. Pensiamo alla maggiore frequenza dei disastri naturali, al progressivo venir meno delle risorse e alle competizioni che esso scatena, alla crescita stessa della povertà.
Da qui è nata l'idea della Felicità interna lorda. In Bhutan si ritiene che la felicità è data dall'equilibrio fra i bisogni del corpo e quelli della mente. Il Pil è servito a soddisfare i bisogni del corpo. Esso ha portato però ad uno stile di vita consumistico. Noi crediamo che il nostro concetto di felicità debba essere qualcosa di concreto e misurabile; se è così, esso diventa una responsabilità della classe dirigente e l'oggetto delle sue politiche.
La storia del suo Paese è segnata da una pagina assai triste di deportazione e spopolamento forzato: negli anni '90 i Lotshampa, centinaia di migliaia cittadini bhutanesi di origine nepalese e di religione induista, furono espulsi dal Bhutan.
Da allora a oggi, è cambiata la politica di accoglienza degli immigrati?
La legge sulla cittadinanza introdotta nel 1985 ha costretto più di 100.000 Sud-Bhutanesi a fuggire dalle loro case e dal loro Paese, perché veniva riconosciuto come cittadino del Bhutan solo chi poteva provare che entrambi i genitori erano cittadini bhutanesi e dimostrare con fatture, cartelle delle tasse o altri documenti che vivevano in Bhutan già prima del 1958. Tutte le altre persone dovevano lasciare il Bhutan entro 4 giorni.
Questo non era più accettabile e nel 2007 la legge è stata modificata.
Ora gli immigrati sono divisi in cinque categorie:
donne sposate con uomini bhutanesi;
figli di donne bhutanesi sposate con uomini stranieri;
persone sposate con un cittadino bhutanese e titolari della carta di immigrazione;
titolari di carte verdi o carte rifugiato;
titolari di Trader Card (carte commerciali).
Le prime due categorie di immigrati, titolari di permessi di soggiorno speciali, possono circolare e soggiornare liberamente all'interno del Bhutan.
I titolari di Green Card o Refugee Card possono rimanere fino al momento stabilito dal governo, ma allo stesso modo possono muoversi liberamente all'interno del Bhutan.
Coloro che sono in possesso di una carta di immigrazione sono dotati di permesso di soggiorno su base periodica come stabilito dal governo e devono registrare la loro residenza e ottenere i permessi di percorso per viaggiare fuori dalle aree designate.
I titolari di carte commerciali sono autorizzati a soggiornare e condurre affari in centri commerciali designati e devono ottenere permessi di percorso per spostarsi al di fuori del luogo di residenza designato.
Come si coniuga il FIL con le leggi "anticonversione", varate nel 2010, che impediscono alla popolazione, al 90% buddista, di cambiare religione?
Non è proprio così.
Dal 2007 il Governo del Bhutan ha iniziato a promuovere la libertà di culto dopo secoli di monarchia assoluta che proibiva la pratica di religioni diverse dal buddismo, e la nuova Costituzione varata nel 2008 prevede la libertà religiosa per tutti i bhutanesi, previa segnalazione alle autorità competenti.
In realtà alcune leggi limitano la libertà di culto. Negli anni, infatti, sono sorti alcuni templi indù ma, ancora oggi i cristiani e altre minoranze religiose non possono costruire facilmente luoghi di culto e celebrare in pubblico.
Spesso Tek Nath Rizal, leader in esilio del Bhutanese People’s Party e attivista per i diritti umani, ha denunciato la grave situazione dei diritti umani nel suo Paese chiedendo alla comunità internazionale di fare pressioni sul nuovo Governo, ma poco è cambiato da quando ha affermato, nel 2010, che “Il Bhutan è uno Stato multietnico e multilinguistico dove sono parlate 22 lingue. Purtroppo, il Governo ha imposto una lingua ufficiale il dzongkha e il buddismo Kagyurpa come unica religione. Induismo, cristianesimo e anche la setta buddista Nyingmapa sono state soppresse nonostante la costituzione non lo preveda”. [NdR]
L’opposizione al governo lamenta che Buthan non siano rispettati i diritti umani?
Entrambe le camere del Parlamento del Bhutan hanno approvato un disegno di legge per legalizzare le relazioni omosessuali.
Inoltre, l’uomo e la donna hanno pari diritti e doveri.
Il Bhutan è uno dei pochi paesi con un sistema tradizionalmente matriarcale, dove la poliandria è legale e le donne possono avere più mariti.
Le persone non hanno cognomi. Ognuno ha due nomi interscambiabili, senza genere femminile o maschile.
Che cosa rende diverso il Bhutan dal resto del Mondo?
Il nostro stile di vita è particolarmente attento alla salute e al benessere psicofisico.
È vietato fumare in pubblico e lo sport è molto importante. Lo sport nazionale è il tiro con l’arco.
Nelle scuole c’è anche una materia scolastica dedicata alla "felicità", insegnata fin dalle scuole elementari.
Uno degli aspetti fondamentali per poter raggiungere la felicità è conoscere profondamente se stessi e, per ottenere questo, la strada suggerita è quella di iniziare con la meditazione. I ritiri di meditazione e mediazione sono una pratica comune tra i monaci e i praticanti buddisti in Bhutan. Piccoli centri di ritiro ed eremi si trovano in tutto il paese, di solito vicino a templi, monasteri e scuole monastiche.
In ogni caso, il Bhutan non è fuori dal Mondo: anche noi usiamo cellulari, tablet e computer.
È per conservare questa diversità che le leggi sul turismo sono ancora così severe?
I viaggi in Bhutan sono diventati ancora più costosi ed esclusivi.
Sì, le tasse sul turismo sono necessarie per mantenere e migliorare il nostro stile di vita.
Il Bhutan si è aperto al mondo solo nel 1961.
Sono lieto di poter affermare che ogni cambiamento è stato compiuto tenendo a mente i criteri di giustizia e sostenibilità.
Oggi siamo forse l'unico paese in via di sviluppo al mondo in cui la copertura boscosa è cresciuta (oggi è pari al 72% del territorio), nonostante la crescita della popolazione e delle attività economiche.
Il Bhutan ha riaperto al turismo nel settembre 2022, dopo la pandemia, con una profonda revisione delle rigide norme sul turismo.
Fino al 2020 ai viaggiatori veniva richiesta una tariffa di 250 dollari a persona al giorno per un tour organizzato tutto compreso. Il governo destinava una quota di 65 dollari all’educazione e all’assistenza sanitaria per i cittadini bhutanesi.
A partire da settembre 2022, ciascun turista straniero deve pagare 200 dollari al giorno per finanziare lo sviluppo sostenibile del settore, la formazione turistica e la compensazione delle emissioni di carbonio (Sustainable Development Fee - Tassa sullo sviluppo sostenibile).
Rispetto a prima, le spese di viaggio vanno ora considerate in aggiunta ai 200 dollari al giorno, non più inclusi nella quota come avveniva in passato. [NdR]
Ringrazio molto il sovrano per avermi raccontato il suo Paese e per il suo impegno che sembra seguire il pensiero di Benjamin Disraeli, primo ministro britannico nella seconda metà dell’Ottocento: non si avrà mai la felicità se non si agisce per fare qualcosa.
Con la speranza che le sue scelte possano contribuire alla formazione di un mondo migliore, lo saluto felice di aver conosciuto la realtà del Bhutan, così interessante e unica.
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