INTERVISTA IMPOSSIBILE A ... FLORENCE NIGHTINGALE
Chi erano i suoi genitori e perché è stata chiamata Florence?
I miei genitori si chiamano Fanny e William Edward Nightingale, si sono sposato a Londra nel 1818.
Entrambi appartengono a famiglie dell'alta borghesia inglese, non nobili ma molto ricchi. Mentre erano in viaggio di nozze il 19 aprile 1819 venne alla luce mia sorella più grande di nome Parthenope e il 12 maggio del 1820 invece sono nata io con il nome Florence.
Mia madre decise di dare a noi piccole i nomi delle città dove siamo nate, rispettivamente Napoli e Firenze.
Com'è stata la sua infanzia e com'era il suo rapporto con i suoi genitori?
Mio padre era un signore non convenzionale, credeva che l'educazione per le donne fosse fondamentale e seguiva sia me sia Parthenope. Ho studiato per molto tempo greco, latino, scienze e matematica.
Posso dire che sono molto portata per la matematica come mio padre.
Il rapporto con mia madre era conflittuale. Mia madre non mi comprendeva e con il suo carattere da menefreghista non ha aiutato molto il nostro rapporto da madre e figlia.
La mia infanzia si divideva fra giardini per i giochi, lussuose abitazioni, cavalli per le passeggiate e cani, gatti e uccellini da allevare
Immagino un'infanzia felice?
Crescendo ho capito che non ero veramente felice, non mi piaceva la vita ricca e spensierata, mia madre non mi capiva e in più non sopportavo il carattere superficiale di mia sorella. Ho iniziato ad annotare i miei appunti personali in un diario.
Di cosa parlava nel diario e a cosa le serviva?
È una sorta di diario di pensieri che mi aiutava a sfogarmi. Parlavo della mia vita interiore e dei miei sentimenti, scrivevo su qualsiasi cosa che mi capitava sotto mano anche su il margine dei calendari, o a margine delle lettere e li conservavo in modo quasi maniacale.
Qual era il suo sogno nel cassetto?
A 17 anni dissi alla mia famiglia che volevo diventare un'infermiera. Per poco mia madre non svenne: era un lavoro adatto solo alle donne di basso livello, e si diceva che diventavano alcolizzate. Dissero no.
E quindi cosa fece?
Rifiutai tutti quelli che chiesero la mia mano. Tre pretendenti in tutto, anche Sir Richard Monckton Milnes. Mi corteggiava da 7 anni, era stato il mio insegnante di matematica ma non comprendeva la mia anima.
Voleva farmi diventare una moglie, una madre, voleva rinchiudermi in una casa. Un incubo.
Lo rifiutai anche se mi costò molta fatica.
E cosa accade?
Un viaggio. Forse i miei genitori pensavano di farmi cambiare idea dal mio proposito. Nel 1847 andammo in Italia, Egitto, Grecia.
E la bellezza del mondo ha fatto cambiare idea?
No. Apprezzai le meraviglie del mondo, ma vedevo oltre. Leggevo i rapporti delle commissioni mediche dei paesi che visitavo, andavo nei quartieri più poveri e a Dusseldorf...beh, mia madre e mia sorella andavano alle terme e io mi arruolai a Kaiserwert, un ospedale gestito dalle suore. E imparai moltissimo.
A Roma conobbe anche Sidney Herbetcosa può dirci di lui?
Il mio più caro amico e alleato. Quando lo conobbi era Ministro della guerra inglese, ma era in viaggio di nozze. Lui mi ascoltava, anche se ero una donna, riusciva a comprendere il mio progetto e fu l’uomo più importante della mia vita. Rimase un amico leale fino alla sua morte, in molti dissero che fu colpa mia. Che lo facevo lavorare troppo, che per questo si ammalò. Ma tutto ciò non è vero
Lei ci sembra una donna molto sicura perché non si è mai arresa?
Sì, non mi sono mai arresa. Nel 1853 la mia famiglia si arrese. Potevo fare l’infermiera. Mio padre mi versò una rendita e con qualche presentazione riuscii a diventare sovraintendente di una casa di cura
Scoppiò la Guerra di Crimea e che successe?
Quello che leggevamo nei giornali era spaventoso. Dovevo andare, partire. Scrissi a Sidney, varie volte. Dicevano che il fronte non era un posto da signora. Che c’era il sangue, le malattie, che non era come la casa di cura.
Sidney le dette quindi il permesso?
Alla fine cedette. Volevo partire. Volevo aiutare, aiutare davvero.
Com'era la situazione ?
Terribile. Non c’erano provviste mediche, l’ambiente era sporco. Il cibo era scadente, la carne non veniva disossata e a qualche malato capitava una porzione di carne che era solo osso.
Cosa cambiò?
Tutto. Pulimmo l’ospedale, organizzammo la dispensa, creammo una tabella per la preparazione regolare dei pasti. Mi ero fermata a Marsiglia e avevo comprato sapone e asciugamani, furono subito distribuiti ai soldati. E, aprimmo le finestre. La puzza della struttura era insostenibile, come una catacomba. Agivo in nome del Ministro Herbert, ero la sovrintendete ,restaurammo un edificio vicino per i feriti.
Molta gente ti accusava di essere paranoica perché?
Si mi accusarono di essere paranoica, di pretendere troppo. Ma c’era troppo da fare, non potevo rilassarmi. La mortalità scese dal 42% al 2%, ma tutti erano contro di me. Medici, ambasciatori. Solo Sidney era dalla mia parte.
Nel 1857 si prese la brucellosi una malattia cronica come ha fatto a continuare?
Non mi fermò. Grazie alla stima della Regina Vittoria ottenni un ruolo nella Royal Commission on the of the army. Era una commissione sulla sanità in tempo di guerra che volli organizzare ma a cui non potei partecipare direttamente perché ero una donna. Fu Sidney che mi rappresentò, che parlava per me. Io presentai lettere, documenti e il rapporto finale con più di 1.000 pagine di statistiche e dati. L’ospedale doveva cambiare: doveva essere un posto pulito ed efficiente, ma doveva guarire anche lo spirito. Non solo il corpo. Ci dovevano essere i medici e gli infermieri, doveva esserci la cura ma anche l’assistenza.
Lei ha scritto anche un libro sull’argomento vero?
Sì. "Notes on nursing". Nel 1860. Un libro che viene letto ancora oggi, mi dicono, da chi vuole iniziare a studiare la professione dell’infermiere. Un libro che portò alla fondazione della Trading school of nursing all’interno dell’ospedale St. Thomas di Londra (oggi si chiama The Florence Nightingale school of nursing and midwifery del King’s College). Qui accettavo solo le candidate migliori, qui insegnai alle donne la professione di infermiera.
L’infermiera divenne un ruolo riconosciuto, una professionalità diversa dal medico. E questa scuola diviene un punto fermo nel mondo, le infermiere di Florence sono richieste ovunque, anche durante la Guerra Civile Americana.
Quando morì?
Divenni cieca, ma non ero stanca. C’era ancora molto che potevo fare, che potevo dire. Negli anni continuai a battermi, anche dopo la prematura morte di Sidney. Non mi arresi, mai. Fino a quando mi addormentai il 13 Agosto 1910.
Angelica Padovan (1^F)
Commenti
Posta un commento